Feb
8
2012
Si scrive convenzionalmente antiriciclaggio, ma oggi più che mai è il simbolo della lotta all'evasione fiscale. Perchè la "caccia" dei tempi moderni al contante, sempre più visto – e quasi sempre a ragione – come veicolo per ogni tipo di transazione che voglia rimanere occulta, ha un certificato di nascita convenzionale, che la colloca dentro le strategie di contrasto al riciclaggio internazionale di denaro.
La normativa di riferimento è infatti il decreto legislativo 231 del 2007, rubricato in Parlamento come «attuazione della direttiva comunitaria 2005/60/Ce concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo». Quando quel decreto viene promulgato dal Presidente della repubblica, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e infine entra in vigore, il 29 dicembre di cinque anni fa, il tema del "contante" è ancora strettamente legato, soprattutto, all'incubo delle Torri Gemelle e del terrorismo integralista, forse un po' al problema delle mafie nostrane, mentre la possibile "app" fiscale rimane debitamente sullo sfondo.
Resta il fatto che al debutto del 2008, gli italiani – popolo affezionatissimo all'utilizzo della carta moneta, forse non a caso – devono misurarsi con le nuove restrizioni: per la prima volta le transazioni tra privati, cioè non mediate da un istituto, e in contanti non potranno più superare i 5.000 euro, pena la segnalazione di operazione sospetta e un corredo di sanzioni pecuniarie, quando non addirittura l'attrazione su di sè dell'occhio investigativo della Procura.
Ma quella prima "stretta" sui rubinetti del profondo nero dura lo spazio di una primavera. Già a fine giugno del 2008 entrano definitivamente in vigore i correttivi sul monitoraggio del contante, decisi in tempi record dal nuovo governo Berlusconi con il decreto datato 30 aprile.
Le soglie di segnalazione per le operazioni in sospetto di antiriciclaggio tornano a 12.500 euro, come prima dell'avvento del decreto legislativo 231/2007, tetto che vale per i pagamenti in contanti o con assegni "liberi" e per il saldo dei libretti al portatore. Contestualmente sparisce l'obbligo di inserire il codice fiscale nella girata dei titoli trasferibili, misure che, tutte insieme coordinate, mettono il silenziatore alla guerra all'antiriciclaggio. Restano solo i limiti fissati per il circuito dei Money transfer: 2mila euro "free" o, se è provata la congruità dell'operazione rispetto alle condizioni economiche di chi la richiede, 5mila euro.
Ma nel decreto legge 112 del 25 giugno 2008, entrato in vigore lo stesso giorno, c'era di più, visto che venivano stralciate tutte le norme di maggior rigore sulla tracciabilità dei pagamenti ai professionisti, con un sostanziale ritorno al passato. Saltava l'obbligo di tenere un conto corrente per l'attività e quello di riscuotere i compensi in denaro esclusivamente mediante strumenti tracciabili e non in contanti, tutti adempimenti che erano stati introdotti dal decreto legge 223 (decreto "Bersani-Visco") dal 12 agosto 2006. Rigore tracciabile che, è opportuno ricordarlo, riguardava i professionisti ma non le imprese. Il limite per la tracciabilità comunque, nella versione Visco–Bersani era fissato a 1.000 euro per il periodo dal 1° luglio 2007 fino al 30 giugno 2008, con una prima riduzione a 500 euro dal 1° luglio 2008 al 30 giugno 2009, per passare poi alla soglia definitiva di 100 euro dal 1° luglio 2008.
Il colpo di spugna sulla "tracciabilità" dell'estate del 2008 ha vita più lunga, tanto che solo due anni esatti più tardi lo stesso governo Berlusconi, alle prime avvisaglie della grave crisi finanziaria che poi travolgerà il Paese, è costretto a rimettere mano al problema "contante", guarda caso nel Dl stabilità denominato «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica». In «adeguamento alle disposizioni comunitarie delle limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore» i limiti alle transazioni in contanti sono adeguate all'importo di «euro cinquemila» (articolo 20 del Dl 78/2010).
Non basta. Il rischio di collasso della finanza italiana, l'urgenza di rifinanziare il debito pubblico con misure a effetto quasi immediato (almeno nelle intenzioni del legislatore) quali la lotta all'evasione fiscale, portano a due ulteriori interventi, ravvicinati come possono essere i fulmini (della speculazione internazionale) in un cielo già cupo (dell'economia del paese). Così la principale misura antievasione messa in campo dal Governo con la manovra d'estate bis (Dl 138/2011 del 13 agosto) è una nuova stretta sull'utilizzo di denaro contante, assegni e libretti di deposito al portatore. La misura come al solito formalmente persegue la lotta a fenomeni di riciclaggio e finanziamento al terrorismo, ma ha soprattutto un impatto diretto sui fenomeni di evasione fiscale, imponendo una maggiore tracciabilità dei mezzi di pagamento. Il tetto scende a 2.500 euro.
Il rapido susseguirsi di interventi sull'articolo 49 del decreto legislativo antiriciclaggio (231 del 2007, articolo che fissa i limiti delle operazioni non tracciate da segnalare) fa chiaramente intendere che ormai non è più (solo) questione di inseguire il terrorismo internazionale o le architetture di reinvestimento delle mafie. Con la legge antiriciclaggio, il governo italiano insegue il contante che sfugge al Fisco, che fa crollare la fiducia dei mercati sull'Italia e il rating internazionale del Paese, e che fa impennare lo spread. Lo dimostra la tempestività con cui il premier Mario Monti, appena insediato interviene ancora, e subito, sulla soglia di utilizzabilità del contante: con l'articolo 12 della manovra salva-Italia (Dl 201/2011), entrato in vigore il 6 dicembre 2011, riduce ulteriormente la soglia di 2.500 euro, fissando a 1.000 euro l'importo a partire dal quale il contante e gli strumenti assimilati non possono essere usati per pagare.
Mille euro è la soglia che cambia la vita e le abitudini per milioni di italiani. Nella tagliola della tracciabilità non finiscono più solo gli acquisti più o meno straordinari per ogni famiglia, ma tutta una serie di operazioni non propriamente da vip. Dall'acquisto di elettrodomestici al ritiro della pensione, dalla riduzione del libretto di risparmio aperto dai nonni alla nascita dei nipotini all'hotel per le vacanze in riviera: tutto ormai dovrà passare per carte di credito, assegni intestati o bonifici bancari. Tutto deve lasciare traccia e rimanere negli archivi del grande fratello fiscale, anche a futura memoria.
Con la consapevolezza che la strada intrapresa questa volta è "one way": indietro, nella guerra al contante, non si tornerà più.
FONTE: SOLE 24ORE